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LA STORIA DELLA NOSTRA SCUOLA

Ricerca storica e archivio fotografico a cura e di proprietà di Mario Andriotto.

Nel 1988, in occasione del centenario del Collegio “Sacro Cuore” di Rovigo, è stato pubblicato un libercolo nel quale è stata ripercorsa la storia del nostro Istituto: 1888-1988 CENT’ANNI DI VITA E DI SCUOLA CATTOLICA.

Correva l’anno 1887 quando nel nostro Polesine, flagellato dalle alluvioni e dalle malattie endemiche, tormentato dall’emigrazione e dall’analfabetismo, l’animo sensibile ed umano di Mons. Eugenio Soldà, nativo di Roverdicrè, concepiva, con grande spirito di carità cristiana, la fondazione del Collegio S. Cuore di Rovigo.

 

Non nuovo ad «opere di pubblica utilità» Mons. Soldà, spinto « dalla sua costante preoccupazione per la cura e l’educazione della gioventù» donò in quel lontano 1887 tutto il suo patrimonio per la realizzazione di tale nobile progetto.

Un dono prezioso che veniva a colmare un grande vuoto nel campo assistenziale, scolastico e pedagogico, in un periodo storico in cui nella provincia di Rovigo la presenza dello Stato era fortemente carente e pressoché assente in questi importanti e delicati settori.

Affidato sin dal suo primo giorno di fondazione alla gestione delle Suore della Carità di S. Giovanna Antida Thouret, il Collegio S. Cuore a distanza di un secolo ancora oggi assolve al suo ruolo primario nel campo della cultura e dell’educazione giovanile giusto come la concepì e la volle il Suo Fondatore con l’espresso intento che «fra gli scopi principali della fondazione» ci fosse quello «che le fanciulle vengano molto bene istruite nella religione cattolica, apostolica, romana, inspirando loro coraggio e fermezza nel vincere i rispetti umani e nel professare francamente in qualsiasi luogo la propria fede …». E le Suore della Carità di S. Giovanna Antida Thouret hanno assolto, nel tempo, questo fine, onorando, di anno in anno, nell’arco di un secolo, il loro impegno con il più scrupoloso rispetto non solo degli accordi sottoscritti con apposita convenzione ma principalmente delle intenzioni e degli scopi che mossero Mons. Soldà a fondare l’istituto, e ciò nella piena osservanza delle regole della loro Congregazione e del suo motto.

Oggi è impossibile non riconoscere il ruolo storico, sociale, educativo e formativo svolto dal Collegio S. Cuore nella nostra città di Rovigo ed in Polesine. L’Istituto ha saputo rispondere nel tempo ad un bisogno culturale e sociale sempre più crescente, che veniva largamente sentito.

Educando alla religione, alla pietà cristiana, alla civiltà, il Collegio S. Cuore è divenuto una benemerita Istituzione scolastica ed educativa sulla quale le famiglie hanno sempre potuto fare affidamento e contare nella educazione e formazione dei loro figli.

Il 1° Centenario, pertanto, del Collegio non poteva passare inosservato ed in silenzio. Il presente opuscolo, voluto dal Comitato promotore dei festeggiamenti del Centenario vuole quindi essere, si, una memoria storica, ma anche ed in particolare una testimonianza di stima e di riconoscenza dell’intera città di Rovigo e dell’intera provincia verso la Congregazione delle Suore di S. Giovanna Antida Thouret per l’opera svolta nell’arco di un secolo a favore dell’infanzia e del servizio reso all’intera comunità polesana.

Un’opera svolta sempre con infinita dedizione, grande amore e con profondo impegno verso il prossimo e con tanta rinuncia per loro stessi, senza chiasso, senza ostentazioni, ma con tanta pazienza e fiducia in Dio, per educare: alla carità cristiana, all’amore per il prossimo, alla vita, inculcando quei valori e quegli ideali umani e spirituali, semplici ma essenziali, senza i quali non può esservi una vera educazione e formazione della personalità umana. Una vita vissuta, dunque, intensamente in un secolo di storia, che è, in breve, la storia di quanti in questo cento anni hanno operato per costruire con amore una sì grande ricchezza di valori umani, sociali e spirituali.

Scorrendo sul filo della memoria quanti nomi affiorano alla mente, quanti avvenimenti, quanti ricordi! Sarebbe giusto fermarsi un attimo, doveroso far emergere, dare corpo ancora a tante persone che sono gli artefici di tanta ricchezza! E noi nell’anonimato, interpretando in ciò il loro sicuro volere, li «RICORDIAMO» tutti, oggi, e li «CONSIDERIAMO» vicino a noi, idealmente «PRESENTI», perché testimonianza di una presenza ed un’opera insostituibile, vissuta al servizio del prossimo nell’amore in Dio, che non possono non meritare oggi, come ieri, la nostra tangibile manifestazione esterna di apprezzamento e di gratitudine.

Celebriamo con gioia, dunque, questo primo Centenario ricordando quanti nel passato hanno preparato questo giorno, operando nella semplicità di tante giornate feriali e di tante ore liete vissute con i bambini, dense però di tanti sorrisi, di tanti valori e pregni di tanto calore umano, che non sono, col trascorrere del tempo, andati perduti, e auspichiamo che, proseguendo sulla strada intrapresa, il Collegio S. Cuore di Rovigo possa ancora continuare la sua preziosa, insostituibile missione educativa e formativa delle giovanissime generazioni, in aderenza sempre ai fini che l’hanno fatta nascere, ed in rispondenza alle sempre nuove continue mutate esigenze che saranno espresse dalla intera Comunità del Polesine.

EDUARDO TERRANA
Presidente del Comitato Promotore della celebrazione del 1° Centenario

 

Taluni sostengono che il momento più adatto per celebrare, festeggiare le fondazioni o l’operato degli uomini, sia il primo centenario della loro costituzione, per le Istituzioni, o della morte per gli uomini.

Nel caso specifico cento sono gli anni trascorsi dalla istituzione del Collegio Femminile del Sacro Cuore in Rovigo; mentre quasi cento, per l’esattezza ottantadue, sono gli anni trascorsi dalla morte del suo fondatore, Mons. Eugenio Soldà, avvenuta nell’aprile del 1906.

Di quest’uomo «stile ’800», a leggerne la biografia, ho avuto l’impressione che racchiudesse in sé quelle caratteristiche che hanno ispirato l’ottocento, quel secolo di grandi intransigenti differenze, di battaglie ideologiche, in cui l’uomo con la sua forza e la sua fede costituiva spesso baluardi rimasti validi nel tempo.

Così fu per Mons. Soldà, nato a Roverdicrè, quindi a Rovigo, nel settembre del 1816, il giorno 30.

Il mio pensiero, dopo aver letto la vita di questo prete, si ferma oggi su due considerazioni: la prima è sulla straordinaria potenza di Gesù Cristo e della Sua Chiesa; la seconda «dell’orma», delle tracce che i Suoi Ministri possono lasciare.

A Rovigo, solo pochi anni prima della nascita di Mons. Soldà erano andate distrutte per esempio due chiese, quella di Santa Maria dei Battuti e quella di Santa Giustina. Contemporaneamente, non a caso, veniva alla luce colui che avrebbe ristabilito in qualche modo tale perdita con la creazione del Collegio Sacro Cuore dove «fra gli scopi principali della fondazione di questo Istituto, c’è quello che le fanciulle vengano molto bene istruite alla Religione Cattolica, Apostolica, Romana …», così sta scritto nella Convenzione tra Mons. Eugenio Soldà e le RR. Suore della Carità. Vi è poi il secondo aspetto che è quello delle centinaia, delle migliaia, di ragazzi che in questo frattempo hanno goduto dell’insegnamento.

Tanta gente, tanti bambini ora adulti, che però – ne sono estremamente convinto – non possono dimenticare facilmente quel periodo formativo felice trascorso dentro le Sacre mura del Collegio.

Mi complimento pertanto con gli organizzatori per aver promosso le manifestazioni a ricordo della fondazione del Sacro Cuore. Certo che questo momento importante per tutta la comunità rodigina costituirà un riferimento per tutti quelli che credono nell’importanza e nella continuità di questa benemerita Istituzione.

CARLO PIOMBO
Sindaco di Rovigo

ALLE ORIGINI DEL COLLEGIO

L’ottocento è il secolo dei grandi scontri: fra Stato e Chiesa, fra transigenti e intransigenti, fra cattolici liberali e papalini, fra clericali e anticlericali. Di questo clima di battaglia ideologica la storiografia si è occupata ampiamente, indagandone tutti i possibili risvolti. Tuttavia la storia non si costruisce solo attorno alle grandi questioni di principio. Essa passa anche attraverso il «vissuto quotidiano» degli uomini, attraverso fatiche e realizzazioni che per la più gran parte rimangono anonime e sconosciute ma che contribuiscono lo stesso, e probabilmente più delle ideologie, a modificare e migliorare le condizioni di vita della gente. Giovanni Bosco e Leonardo Murialdo, per fare solo due esempi, i primi che mi salgono alla mente, non furono estranei alle questioni del loro tempo, vi parteciparono anzi appassionatamente e, sia detto per inciso, nel caso di don Bosco, non sempre su posizioni particolarmente lungimiranti. Ma se noi oggi li ricordiamo e li veneriamo sugli altari non è tanto per questo, quanto piuttosto per un altro motivo: perché seppero immergersi nell’umanità loro contemporanea, nei bisogni, nelle attese, nelle sofferenze di quella gente senza storia che popolava le periferie urbane dell’Ottocento, così come popola le metropoli e le città di oggi, e realizzarono opere che sono fra le creazioni più grandiose e durature della carità cristiana.

Qualcosa del genere, nel corso dell’800, accadde anche a Rovigo. La Diocesi di Adria, che dopo le revisioni territoriali del 1818 (1) viene all’incirca a coincidere con il territorio della provincia di Rovigo (tranne l’area del delta, conservata sotto la giurisdizione di Chioggia), rimase per tutto il secolo scorso una zona appartata e marginale, stretta dentro la morsa soffocante dei due grandi fiumi, Adige e Po, flagellata dalle alluvioni e dal ristagno delle acque, oppressa da condizioni di vita che povertà e malattie allo stato endemico rendevano quanto mai precarie. Ciò che soprattutto le nocque fu la difficoltà delle comunicazioni. Ancora ad ’800 inoltrato Rovigo era praticamente priva di vie di transito: basti pensare che il viaggio da Rovigo a Ferrara e da Rovigo a Padova era un’avventura che poteva durare anche due giorni. E per recarsi a Venezia, per via d’acqua, quando andava bene occorreva un giorno intero. Per quanto riguarda le condizioni economiche e igieniche segnalerò un dato soltanto: il Bocchi ricorda che nel 1817 ad Adria, città che allora non arrivava a seimila abitanti, vi erano più di duecento «casoni», mentre il catasto austriaco attesta che queste abitazioni «di paglia e di canne», che oggi definiremmo da quarto mondo, erano diffusissime ancora nel 1845 in tutto il basso Polesine (2).

 

 

La situazione della provincia inizia a migliorare verso la fine del periodo austriaco, quando si dà avvio alle grandi bonifiche che recupereranno all’uso agricolo migliaia di ettari terreno. Ma sarà solo nella seconda metà del secolo che il 

Bonifiche, strade e ferrovie non bastarono però ad assicurare l’auspicato «decollo» di questo estremo lembo meridionale del Veneto. A frustrare speranze e illusioni giunse la tragica alluvione dell’Adige del 1882, sicché rabbia e miseria dei contadini trovarono uno sfogo prima nella rivolta de «la boje» del 1884 e poi, fallita questa per l’energica azione repressiva del governo, nella grande emigrazione verso il Brasile. Negli ultimi vent’anni del secolo scorso circa 63.000 polesani, ovvero un terzo della popolazione, prese la via delle Americhe. Fu un esodo che non è esagerato definire di proporzioni bibliche e che, se da un lato privò il Polesine delle sue forze più attive, dall’altro tuttavia decongestionò la pressione demografica concedendo spazi e maggiori possibilità a chi era rimasto (3).Polesine uscirà dal suo isolamento, grazie alla costruzione di strade e delle due grandi ferrovie che taglieranno il territorio provinciale in senso longitudinale (Padova-Rovigo-Ferrara) e in senso trasversale (Verona-Legnago-Rovigo-Adria-Chioggia).

La pressione di tutti questi problemi, che toccavano le condizioni di vita più elementari della popolazione, aiuta a comprendere come nel Polesine di quegli anni le grandi discussioni culturali e politiche giungessero attutite e smorzate. I quotidiani problemi di sopravvivenza limitavano l’attenzione della gente ai bisogni immediati e costringevano anche i sacerdoti a misurarsi soprattutto con le impellenti necessità pratiche del gregge loro affidato.

Può essere significativo al riguardo il caso di Giacomo Sichirollo (1839-1911 ), la figura certo più nota del clero polesano ottocentesco. Era uomo di studio, da tavolino, con una spiccata vocazione per la filologia e il mondo della latinità, e infatti esordì con una poderosa edizione in tre volumi del De legibus di Cicerone, assai apprezzata nel mondo culturale del tempo. Ben presto tuttavia dovette limitare questi suoi interessi. Dovette anzi metterli da parte per dedicarsi all’organizzazione del movimento cattolico in campo sociale, economico e politico. Nell’ultimo scorcio dell’800 e nei primi anni del ’900 lo ritroviamo infatti nell’inedita veste di ascoltato teorico della Democrazia Cristiana, di Consigliere provinciale, di organizzatore delle casse rurali, di ispiratore di quel vasto movimento di solidarismo sociale (cooperative, società di mutuo soccorso e assicurative, gruppi di assistenza agli emigranti) da cui germoglieranno prima le leghe bianche e poi il Partito Popolare. Alla sua scuola – una severa scuola di vita e di azione – crebbero almeno due generazioni di laici e sacerdoti che hanno segnato la vita della diocesi nella prima metà del ’900. Insomma la conversione del Sichirollo, che da uomo di studio si tramuta in uomo d’azione, ci dà la misura di ciò che il Polesine richiedeva ai suoi ingegni più brillanti e promettenti.

Ma accanto all’ambiente ispirato da Sichirollo, bisogna ricordare almeno altri due luoghi significativi, vorrei dire essenziali, dove la Rovigo cattolica (ma in fondo non solo quella) ha trovato accoglienza e punti di riferimento.

Il primo è il collegio Angelo Custode. Sorse nel 1880 ad opera di don Ernesto Vallini (1849-1913), dapprima come modesto ricreatorio per i giovani e poi via via si ampliò fino a diventare ciò che è attualmente: una moderna e attrezzata scuola superiore capace di reggere il passo con tutte le nuove esigenze della didattica e del mercato del lavoro. Fra gli artefici di questo lungo cammino in avanti, che ha doppiato ormai felicemente il capo dei cento anni, oltre al Vallini sarà il caso di ricordare, per tacere dei viventi, la bella figura di don Virgilio Mattioli (1886-1952), che all’espansione del collegio dedicò le sue migliori energie, sacrificando anche legittime e fondate possibilità di carriera accademica.

Il secondo luogo significativo è il collegio Sacro Cuore, sorto anch’esso ad opera di uno dei tanti emuli di S. Giovanni Bosco di cui è ricco, nel secolo scorso, non solo il clero italiano, ma anche l’umile e fin troppo modesto clero polesano. E varrebbe la pena – diciamolo qui senza retorica, nella speranza che l’auspicio possa essere raccolto – che questi sacerdoti, che hanno ben operato e ben meritato della nostra gratitudine, venissero più degnamente ricordati e più frequentemente additati alla riconoscenza di quanti oggi beneficiano delle loro intuizioni e dei loro sacrifici.

Fondatore del Sacro Cuore fu dunque don Eugenio Soldà (1816-1906), sacerdote nativo di Roverdicrè, alla periferia di Rovigo, parroco prima a Polesella e poi a Massa, vissuto a lungo nelle campagne di Este ma sempre legato al capoluogo polesano dove ricoprì anche significativi incarichi curiali. All’erezione del collegio, sorto all’incirca negli stessi anni dell’Angelo Custode di cui, rivolgendosi alla popolazione femminile, completava in fondo la funzione (l’Angelo Custode ospitava solo i maschi), Soldà destinò tutti i propri averi. Ne affidò poi la gestione alle suore della Carità con un atto notarile nel quale precisava minutamente gli scopi cui l’istituzione avrebbe dovuto ispirarsi: Casa e Collegio-convitto per fanciulle «sia di nobile che di civile condizione», possibilmente con disponibilità di posti gratuiti per ragazze povere, posto sotto l’alta protezione della Santa Sede alla quale veniva demandato il compito di vigilare affinché l’istituto non perdesse mai le finalità originarie.

L’iniziativa del pio sacerdote dovette venire incontro ad un bisogno largamente sentito se nel giro di pochi anni troviamo il collegio in piena funzione e perfettamente inserito nel ritmo della vita cittadina.

Leggiamo infatti negli atti delle visite pastorali del vescovo Antonio Polin (1882-1908), che al Sacro Cuore risiedevano sessanta alunne «ottimamente educate alla religione, alla pietà, alla civiltà e a tutte quelle cose che sono necessarie alle donne di agiata fortuna»; contemporaneamente vi erano accolte settanta fanciulle povere «che si istruiscono a norma dei regolamenti, ma secondo la loro condizione» (4).

Non è mio compito ripercorrere la storia del collegio nel corso di questo secolo di vita. Credo però si debba onestamente riconoscere che esso ha tenuto fede alle proprie finalità, divenendo una benemerita istituzione scolastica ed educativa cittadina sulla quale le famiglie hanno sempre potuto contare per la formazione dei propri figli. Celebrare il centenario deve essere perciò non solo l’occasione per ripensare le origini, ma anche uno stimolo per aggiornarne gli scopi alle nuove e mutate esigenze senza però abbandonare la strada allora indicata.

GIANPAOLO ROMANATO
Università di Padova

IL FONDATORE DEL COLLEGIO

Nacque a Roverdicrè il 30 settembre 1816. Compì gli studi nel Seminario di Rovigo. Fatto sacerdote, fu per parecchi anni professore nel Seminario stesso, dove si distinse per ingegno e pietà.

Assunta la direzione della parrocchia di Polesella, fu successivamente incaricato di quella di Massa Superiore.

La sua intensa azione pastorale venne bruscamente interrotta nel 1866. Un pugno di facinorosi lo assalì nella sua canonica, minacciandogli la vita e costringendolo a fuggire.

Mons. Soldà si ritirò allora a vita privata in una casa colonica di S. Urbano d’Este, nella parrocchia di Carmignano. Qui riprese gli amati studi, senza negarsi però all’impegno sociale. Ricoprì per molto tempo la carica di assessore anziano nel comune di adozione.

Il vescovo Polin, apprezzando le sue doti morali e intellettuali, lo nominò canonico della collegiata di S. Stefano di Rovigo e provicario generale della diocesi. Per attendere a questo ufficio Mons. Soldà fino alla morte veniva settimanalmente dal suo ritiro di S. Urbano a Rovigo.

Il suo grande spirito di carità si manifestò in molte occasioni. Nelle opere di pubblica utilità e in quelle cattoliche della Diocesi egli comparve sempre fra i primi oblatori.

La sua costante preoccupazione per la cura e l’educazione della gioventù lo spinse nel 1887 a donare tutto il suo patrimonio per l’istituzione del Collegio femminile del S. Cuore in Rovigo, diretto dalle Sorelle della Carità di S. Giovanna Antida Thouret. Negli anni successivi alla fondazione, Mons. Soldà non lesino gli sforzi per proteggere e sostenere l’istituto, che divenne rapidamente uno dei centri più affermati dell’educazione della gioventù femminile a Rovigo.

Quasi novantenne, Mons. Soldà spirò nella sua casa di S. Urbano nella prima domenica dell’aprile del 1906.

[dal necrologio apparso su «La Settimana» del 15 aprile 1906 (a. VI / n. 16), p. 2]

 

CONVENZIONE TRA MONS. EUGENIO SOLDÀ E LE RR. SUORE DELLA TRINITÀ

In Bologna il 1 ° Aprile del 1887.

Nel nome del Signore e di Maria SS. ma Addolorata.

Affinché l’Istituto femminile del Sacro Cuore di Gesù, che si sta formando in Rovigo, e che viene affidato coirAtto presente alla Congregazione delle R.R. Suore di San Vincenzo de’ Paoli, rappresentata dalle signore, Gaetana Suor Rosalia, Lavinia Suor Teresa, Maria Suor Filomena, Sorelle Accetto, dalla M.R. Suor Maria Amata Lenvers, Superiora Provinciale, e dalla Rev.ma Suor Maria Giuseppa Boquin, Superiora Generale, sia conservato, col divino aiuto, allo scopo per cui viene fondato, ed a prevenire eventuali dispareri sull’intenzione del Cedente Sacerdote Eugenio Soldà, fu Gaetano, oltre a quanto si è stipulato coir/strumento 1 ° Aprile 1887 ad atti del Notaio Signor Mario Amaduzzi di Bologna, di unanime accordo dietro precorse intelligenze convengono formalmente le parti fra loro, quanto segue:

  1. Chiesa, Case e Campi annessi, tutto quanto si è indicato nell’istrumento Notarile suddetto, niente eccettuato, e tutto che verrà acquistato, dato e lasciato per l’istituto del S. Cuore di Gesù in Rovigo, dovranno servire in perpetuo per Casa e Collegio Convitto di Educazione femminile per le fanciulle discendenti per legittimo Matrimonio da Fratelli e Sorelle del Cedente, qualora ve ne fossero, ed anche per le fanciulle, sia di nobile che di civile condizione i cui genitori dietro pagamento di pensione domandassero che vi fossero ricevute l’alta protezione di S.E. Mons. Vescovo Cattolico protempore della Diocesi in conformità delle sagge Regole delle Suore di Carità già approvate dalla S. Sede.

  2. Tutti i suddetti beni stabili e mobili s’intendono essere ed avere il carattere di beni ecclesiastici e posti sotto la sanzione delle leggi e discipline canoniche, intendendosi che la vera reale proprietà sia della Chiesa Cattolica Apostolica Romana il Cui rappresentante universale è il Sommo romano Pontefice. Egli con la sua venerabile sapienza provvederà acciò lo Stabilimento serva sempre per Educandato femminile nei modi e condizioni convenute anche nel caso in cui le RR. Suore della Carità per qualunque motivo non potessero o volessero continuare nella direzione dell’Educandato stesso.
    Che se poi fosse una forza maggiore che loro ne impedisse la personale direzione, potranno delegare persone di fiducia a dirigere ed istruire le fanciulle in vece loro restando però sempre ad Esse il diritto d’essere ripristinate nel godimento dello stabile ed accessori, appena cessata la causa che aveva procurato il loro precario allontanamento.

  3. La Rev.da Superiora o Direttrice locale dell’istituto guiderà e condurrà l’economia della Casa, terrà in apposito Registro conto esatto degli introiti e delle uscite. E qualora dall’amministrazione, dopo provveduto ai bisogni delle R.R. Suore Maestre, prelevata qualche cosa, d’accordo colla Rev.da Sup.ra Provinciale per le Maestre inferme, e per le Novizie da preparare a Maestre, e dopo adempiti gli obblighi imposti nell’lstrumento Notarile, risultassero degli avanzi, questi saranno erogati od in ampliamento dell’istituto od in qualche posto gratuito o semigratuito a favore di fanciulle povere di distinta virtù e talento, 1 ° di Massa, 2°

  4. Avendo poi il Cedente chiaramente espresso:

  5. Che fra gli scopi principali della fondazione di questo Istituto, c’è quello che le fanciulle vengano molto bene istruite nella Religione Cattolica, Apostolica, Romana, inspirando loro coraggio e fermezza nel vincere i rispetti umani, e nel professare francamente in qualsiasi luogo la propria fede religiosa, a fare, sostenere, suggerire, quando potranno, opere religiose di beneficienza e di carità verso i prossimi specialmente bisognosi, non solo materialmente, ma spiritualmente, ed insinuando il grande merito che acquisterebbero nel prestarsi divenute adulte, ad insegnare la Dottrina Cristiana Cattolica nelle Chiese coadiuvando i R.R. Parroci nell’istruì re le fanciulle del popolo.

    1. Che affine che l’istituto abbia a sostenersi nella pubblica stima e non abbia ad essere molestato le RR.de Maestre siano fornite di Diploma o Patente di grado inferiore e superiore conforme alle leggi governative, adattandosi in quanto sia lecito (religiosamente) anche ai programmi delle Scolastiche Autorità dominanti.

    2. Che siano le allieve anche istruite a cantare Lodi sacre popolari da insegnarsi poi al loro ritorno nelle Parrocchie della Diocesi alle figlie del popolo.

    3. Che nei giorni festivi nella Chiesa dell’istituto siano accolte le fanciulle esterne per essere istruite nella Dottrina Cristiana Cattolica applicando a tale ufficio, sotto la scorta e vigilanza delle R.R. Maestre, quando lo riconoscessero opportuno, le Allieve più grandi e più savie del Collegio, esercitandole così e preparandole ad istruire poi nelle Chiese parrocchiali quando ritornassero alle loro famiglie.

    4. Che a rendere istruite e coraggiose le Allieve a difendere in qualsiasi luogo ed occasione le verità della religione, oltre alle grazie di Dio, fa d’uopo lo studio della Religione, e perciò raccomanda la lettura e lo studio del Gerola, del Gaume, del Franco, del Segur e di altri adattati Autori, sui quali fare esercizi di dispute estemporanee.

    5. Che la Chiesa dell’istituto serva in perpetuo di Convegno centrale della Congregazione delle Madri Cristiane della Città e Diocesi per le loro Conferenze ed Esercizi spirituali ad epoche opportune da stabilirsi. E quindi la R. Superiora dell’istituto tenesse relazioni colle più autorevoli ed influenti della Congregazione, nonché colle Allieve Diocesane dopo uscite dal Collegio, facendo che l’istituto addivenga e sia come il Seminario Religioso femminile della Diocesi, avvertendo che atteso il dispregio della Religione e dei Sacri Ministri, e la scostumata licenza introdotta nei pubblici Teatri moderni e dei balli, sarà da insinuare e nelle Madri e nelle Allieve preventiva riprovazione, orrore ed astinenza da simili condannati spettacoli, non essendo ricreazioni, ma causa di scandalo e di depravazione, ad offesa della Religione, a danno del buon costume e delle anime di chi ne fa parte e vi concorre.

Le R.R. Signore Gaetana Accetto, Suor Rosalia, Lavinia Accetto, Suor Teresa, e Maria Accetto, Suor Filomena, si obbligano insieme alla loro M.R. Superiora Provinciale e Generale di fare, e fare adempiere tutto quanto si è superiormente esposto ed indicato, ed in conferma si sottoscrivono presenti.

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1 Aprile 1887

Donazione di Mons. Eugenio Soldà alla Congregazione delle Suore della Carità di alcune sue proprietà in Rovigo poste fra la stazione ferroviaria e il centro cittadino. Si trattava di «1) un grande fabbricato con sottoposte adiacenze appositamente costruito perché serva di Collegio Convitto Femminile, del quale si sta riducendo interamente una parte abitabile, e capace di accogliere e contenere più di 60 convittrici ed educande, oltre al personale insegnante ed inserviente; 2) chiesa attigua in costruzione; 3) attorno al fabbricato circa 6 ettari di terreno in buona parte circondato da muraglia, coltivato ad orto, viti, frutti, grano e foraggio, con due case, una degli ortolani, l’altra ad uso civile».

14 Settembre 1887

Festa dell’Esaltazione della Croce. Ingresso delle RR. Madri della Carità nel «Sacro Cuore» di Rovigo.

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1888 Apertura Collegio Convitto Femminile

Regolamento:

«MATTINA. Ore 6: alzata delle convittrici; 7: brevi preghiere in comune, indi colazione; 7½: facenduole domestiche; 8 ½: studio fino alle ore 12; 12: pranzo, indi ricreazione fino alle ore 2. DOPO PRANZO. Ore 2: lavori femminili; 4½: merenda e ricreazione; 5¼: studio mnemonico delle lezioni ed esecuzione dei compiti in iscritto; 6¾: preghiere della sera; 7: cena, indi ricreazione fino alle ore 9 circa; 9: riposo.

Materie degli studi obbligatori: 1) La religione; 2) la grammatica, la letteratura italiana; 3) l’aritmetica; 4) la geometria; 5) le norme principali per la tenuta dei registri, contabilità domestica…; 6) la storia patria; 7) la cosmografia, la geografia; 8) gli elementi di fisica, di storia naturale; 9) la calligrafia; 10) la lingua francese. Il tutto a norma dei vigenti programmi governativi. I lavori femminili d’ogni sorta sia semplici che d’ornamento»

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1888 - 1936

Prima Superiora fu suor Maria Carolina Vigezzi, per tradizione chiamata «la santa», la cui pietà, saggezza e oculata direzione resero subito rinomato il nuovo Istituto al quale accorsero numerose le giovinette del Polesine. All’Educatorio fu subito aggiunta una scuola gratuita per le fanciulle povere della città.

A suor Vigezzi successe suor Rosaria Scala fino al 1902, poi suor Giustina Marullaz e suor Cherubina Airaldi, finché nel 1905 venne affidata la direzione del Collegio a suor Giovanna Fiocchi, che la tenne sino al 1913. Questa Superiora lavorò assai all’incremento dell’istituto, ammettendo all’istruzione che s’impartiva alle educande anche fanciulle esterne di famiglie civili. Fu sostituita al principio dell’anno scolastico 1913 da suor M. Giulia Crespolani, che accolse come convittrici giovanette che frequentavano la R. Scuola Magistrale.

Dal 1919 al 1923 fu Superiora suor M. Lorenza Bottini; dal 1923 al 1929 suor M. Imelda Morini; dal 1929 al 1936 suor Alfonsa Buscaglia; dal 1936 al 1942 suor Maria Elvira Marozzi Fabbri.

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1915-1919

Durante la prima guerra mondiale, i locali del «Sacro Cuore» furono offerti alla Croce Rossa, che li adibì a Ospedale Militare.

 

Anticipata la fine dell’anno scolastico 1914-15 e licenziate le numerose educande, il Collegio ospitò i feriti provenienti dal fronte; le suore si trasformarono da educatrici in infermiere.

 

Dopo Caporetto l’ospedale passò direttamente all’Amministrazione militare, che ne fece un ospedale da campo. Il Collegio fu riaperto all’inizio dell’anno scolastico 1919-20.

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1938 Festa del 50enario

Dalla cronaca apparsa su «La Settimana» (a. XXXVIII/n. 20) del 14.V.1938, p. 3: «Giovedì 5 maggio si celebrò il 50° anniversario della fondazione dell’istituto. Fu una giornata di ricordi e di emozioni. Con pensiero squisitamente gentile la Rev.ma Superiora [suor Anna Federica Verzola], che dirige ora il Collegio, volle dare alla festa il carattere di vero e proprio convegno di ex-alunne. Quante ne sono passate in cinquant’anni? Purtroppo non fu né facile né possibile rintracciarle tutte. Un buon numero però convenne all’istituto, anche dalle città e dai paesi più lontani (…). Difficile descrivere la commozione e l’affettuosità di certi incontri. Molte si rivedevano dopo 20, 30, 40 anni (…) Le educande (…) diedero il benvenuto alle ex-alunne (…); presentavano poi alla Superiora una pergamena finemente dipinta, che portava scritti tutti i loro nomi e la pregavano di tenerla nel suo studio perché di tutte più facilmente si ricordasse (…) In teatro alle 17 precise entrarono le autorità: S.E. Mons. Vescovo, il R. Provveditore agli studi, i Presidi dei vari istituti cittadini, molte insegnanti delle scuole medie e la folta schiera delle ex-alunne.

Dopo l’indovinato saluto d’una educanda il Rev.mo prof. Don Raffaele Malaspina tessé un commovente profilo di Mons. Soldà, fondatore del Collegio (…) Subito dopo, la Maestra Bianchini, ex-alunna, con parole dettate da riconoscenza e affetto, illustrò la benefica opera compiuta dalle Sorelle della Carità nei cinquant’anni di vita dell’istituto (…)

Nella seconda parte del programma entrarono in scena le bimbe dell’Asilo, delle scuole Elementari e le Educande del Collegio che eseguirono con grazia e precisione danze, cori, e a soli. I pezzi per due piani a quattro, sei e ad otto mani, eseguiti dalle varie alunne della scuola di pianoforte, furono assai gustati. Il ricco programma si chiuse con l’«lnno del Collegio», dettato dal prof. Fornaciari e musicato dal M. R. D. Quintino Ferrari (…)

Nella cappella si riunirono per l’ultima volta tutte le ex alunne per cantare il solenne TE DEUM. Dall’alto il Sacro Cuore, in una festa di luce e di fiori, sorrideva benedicente».

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20 gennaio 1945

Dai Ricordi di Suor Anna Federica Verzola: «Era Sabato. Quanta neve! E quanta nebbia! Neppure un raggio di sole, quel giorno. Un gruppo di Suore, tra le più giovani, erano uscite verso le otto per attingere acqua alla vicina fontanella. Erano appena rientrate quando s’udirono un rombo e uno schianto lacerante; grida d’angoscia e un invocare aiuto. Tutto pareva crollasse in quell’istante. Eravamo tutte sparse per la casa per accudire ai vari impieghi; due sorelle impartivano lezioni. Non ci fu tempo di scendere in rifugio (…) Che spettacolo terrificante e doloroso si presentò al nostro sguardo! La nostra chiesa, sacrario prezioso di tutti i nostri più teneri e intimi sentimenti, era crollata quasi interamente! La cantoria, fino a metà cappella, non esisteva più; verso l’abside le pareti erano squarciate dal soffitto al pavimento; i due altarini laterali semidistrutti, pieni di calcinacci. Solo la bella statua del Sacro Cuore, che dall’alto di una colonna dominava tutta la navata e la Cappella intera, non aveva ricevuto neppure una scalfittura; era rimasta in piedi, nonostante il fortissimo spostamento d’aria (…)

Non appena gli apparecchi si furono allontanati, la notizia del bombardamento del Collegio S. Cuore si diffuse in baleno e quasi tutta Rovigo si riversò in via Pestrina. La nostra casa fu letteralmente invasa da ogni genere di persone. La porta scardinata non impediva a nessuno d’entrare, anche se dal cancello alla porta due bombe di grosso calibro avevano scavato una buca che pareva una voragine».

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20 febbraio 1945

Dai Ricordi di suor Anna Federica Verzola: «Ad un mese preciso di distanza, verso le nove antimeridiane, più formazioni di aerei inglesi-americani sorvolarono Rovigo. Il fischio della sirena d’allarmi e lo sgancio delle bombe fu simultaneo. Via Pestrina fu nuovamente battuta, così il Collegio subì un’altra scarica, ben più forte delle precedenti. I muri mezzo diroccati caddero completamente. Tutto il fabbricato nella parete nord-ovest fu atterrato.

Il bombardamento, in due riprese, a un quarto d’ora di distanza l’una dall’altra, durò più di un’ora.

Da allora non ci fu più tregua. Di notte, di giorno, mitragliamenti, sganciamenti isolati ci tenevano in continua apprensione. Il Collegio venne completamente vuotato del mobilio che le bombe non avevano distrutto. La bella sala «Sichirollo» del Seminario venne riempita. Qualche altra casa ospitale, situata in luogo relativamente sicuro, perché lontana da obbiettivi militari, ci aprì i battenti. Sfidando il pericolo dei mitragliamenti e delle bombe, trasportammo con carri e carretti ciò che era stato salvato».

1945-1950: La ricostruzione

Dai Ricordi di suor Anna Federica Verzola: «Maggio 1945.1 primi di maggio la Rev.da Superiora si rivolse al capomastro edilizio Sichirollo e, decisa a riaprire il Collegio nell’ottobre, dette mano alla ricostruzione (…) Il Collegio si trasformò in un cantiere operoso, la casa ospitale della Madre e del Bambino fu adibita a scuola dove parecchie decine di bambini dell’asilo, delle elementari, della scuola media ripresero gli studi interrotti (…) A ottobre, quando tutte le scuole della città si riaprirono, anche il Collegio e le sue aule furono popolate da tante alunne. Certo in quel primo periodo, anzi per tutto quell’anno, la vita al Collegio fu dura per tutti: suore ed educande.

La mole esterna del fabbricato era stata buona parte ricostruita, ma l’interno rivelava ancora visibilmente le tracce della guerra. I muri erano bianchi di calce; le porte riattate alla meglio, senza verniciatura; le finestre invece che da vetro in alto erano chiuse da faesite e legno compensato. Nessuno però si lamentava.

1946.     Non appena chiuse le scuole subito a giugno urgeva riprendere i lavori di ricostruzione. Inutile attendere aiuti finanziari dal Governo. Era necessario affrontare coraggiosamente il problema e cercare di risolverlo da soli coi frutti del proprio lavoro e con gli unici cospicui doni della Ven.ma Madre Generale. Tuttavia, per quell’anno, furono ultimati i lavori nell’interno, riattate le mura intorno all’orto, ampliata qualche stanza.

 1947.     Nel luogo dove sorgeva la Chiesa, la palestra e alcune aule, fu progettato un nuovo piano edilizio, e sottoposto alla competente giurisdizione dell’architetto Veronese di Ferrara. Nei mesi estivi il lavoro procedette alacre (…) Il progetto era grandioso e non poté essere effettuato per quell’anno che nel primo piano.

1949.     Fu l’anno in cui si videro quasi completamente effettuati i piani di ricostruzione. Fu ripresa l’attività edilizia e sul primo piano sorsero altri due, lunghi e spaziosi corridoi, aule ampie e arieggiate, scala larga ed agevole, cortili ordinati, profumati di fiori, allietati di frutti. Anche nella vecchia costruzione furono compiute varie riforme (…) Però l’avvenimento più notevole di quest’anno fu l’inizio della nuova cappella. Il 1° giugno 1949 S.E. Rev.ma venne a benedire la prima pietra. La solenne cerimonia, cui presenziarono la Rev.da Superiora, le Suore e gli alunni tutti della scuola, fu suggestiva e commovente.

1950.     L’ala nuova fu ritoccata in ogni angolo: le pareti delle aule e dei corridoi verniciate; i pavimenti arabescati di vivaci piastrelle; la scala corredata di un elegante corrimano. Anche nel vecchio fabbricato non mancarono i tocchi rinnovatori e porte, finestre verniciate, rinfrescate, donarono alle stanze quell’aria di ordine e di signorilità necessaria ad un collegio».

1951: L'alluvione

Dai Ricordi di suor Anna Federica Verzola: «L’anno scolastico 1951/52 s’inizio con lietissimi auspici. Le aule popolatissime tutte; l’asilo, le classi elementari, la scuola media che aveva raggiunto la cifra massima di alunne! (…) Quando più lieta ferveva l’attività, lo straripamento del Po e affluenti, le relative inondazioni, troncarono di netto la vita scolastica. Fu uno schianto! (…)

5 novembre. Alle cinque del mattino cominciano le prime partenze delle educande che i parenti vengono a prendere prima che sia impossibile. Alle 11 antimeridiana ne chiudiamo la scuola (…)

6 novembre. Ore 2 di notte. L’acqua ha raggiunto la città, invade mugghiando Porta Po a sud-est e già il Collegio maschile Angelo Custode ha più di un metro d’acqua. Trasportiamo i mobili dal primo al secondo piano, lavoro febbrile sotto la minaccia dell’acqua che avanza inesorabile (…) Intanto la campagna adiacente al Collegio comincia ad allagarsi; noi seguiamo l’espandersi dell’acqua mm. per mm. (…) La cantina è già completamente piena d’acqua (…)

17 sabato. L’Adigetto ha aperto una falla nell’argine sinistro e si riempie; alle ore 5 pomeridiane l’acqua rasenta quasi la strada e minaccia di riversarsi tutta dalla parte del Collegio (…)

18 domenica. L’acqua misurata ora per ora cresce (…)

19 lunedì. L’Adigetto è in decrescenza, ma l’acqua, per livellarsi, sale; ormai siamo circondate completamente. Dallo scantinato (alto m. 1V2) si riversa nel cortile e bagna già i primi gradini. Preghiamo e continuiamo a confidare. Nella notte la situazione s’aggrava (…) È necessario dividerci. Con profondo dolore la Superiora decide per la partenza di dieci suore; sei, con la Superiora, rimangono.

La situazione in città e dintorni rimase stazionaria per pochi giorni; alcuni ingegneri tedeschi piazzano sugli argini dell’Adigetto e in altri vari punti delle pompe idrovore che in breve assorbono l’acqua stagnante. Il pericolo via via scompare; la gioia ritorna a sorridere nel cuore di tutti. Verso la fine di novembre molte famiglie rientrano in città e i bimbi chiedono di frequentare nuovamente la scuola».

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Seconda metà del XX secolo

12 ottobre 1957

Posa della prima pietra per la costruzione di un’altra ala del «Sacro Cuore».

 

8 giugno 1961

Solenne consacrazione dell’altare e della nuova chiesa del Collegio. Dalla cronaca apparsa su «La Settimana» (a. LXI/n. 25) del 18 giugno 1961: «Nella mattinata di Giovedì 8 giugno sacerdoti, religiose, educande, genitori, invitati hanno assistito alle religiose cerimonie per la consacrazione del nuovo tempio di Dio ed hanno seguito con devoto interesse i riti prescritti dalla sacra Liturgia per la consacrazione del centro ideale della chiesa: l’altare. Ha officiato S. E. Mons. Mosconi, Arcivescovo di Ferrara. Si tratta di una bella chiesa, costruita dall’impresa Sichirollo su progetto dell’architetto Veronese, sobria nelle sue linee architettoniche, armoniosa negli spazi (…) Al termine del Divin Sacrificio, nella sala teatrale del Collegio una appassionata, esauriente rievocazione delle vicende che hanno caratterizzato la vita dell’istituto è stata svolta dalla Sig.na Maria Luisa Bianchini (…) Ha preso poi la parola l’Onorevole Giuseppe Romanato, “parola di ammiratore e di amico”, il quale ha posto l’accento sull’opera eminentemente formativa e culturale svolta dal Collegio in tanti anni di fervorosa attività. Dalle tristi vicende belliche il Collegio è risorto a nuova vita. Merito precipuo di questo rapido progresso spetta alla Reverenda Superiora, suor Anna Federica Verzola, che ha visto coronato dal più soddisfacente successo il suo nobile intento di ricostruire più bella e più accogliente, e a maggior gloria di Dio, la chiesa del Collegio (…) Come parlamentare, l’On. Romanato dopo aver ricordato i materni insegnamenti della chiesa in campo educativo, ha difeso i diritti e la libertà della scuola privata. Come genitore, e a nome dei genitori presenti in sala, l’On. Romanato ha espresso la più viva riconoscenza alle Reverende Suore e alle Insegnanti del Collegio, che con tanto amore si prodigano per plasmare salde coscienze cristiane, vive intelligenze, volontà tese alla perfezione nell’ordine spirituale, per costruire la vera civiltà (…) È seguita una esibizione coreografica da parte dei bambini dell’asilo, che ha ottenuto una larga messe di applausi».

 

1973

Inaugurazione della nuova funzionale palestra.

 

1961 – 1988

A suor Anna Federica Verzola, Superiora del «Sacro Cuore» dal 1942, successe nel 1961 suor Maria Vittoria Fontana. Seguirono: suor Maria Luisa Barchi dal 1967 al 1969; suor Anna Claudia Camurri dal 1969 al 1972; suor Emilia Caterina Noris dal 1972 al 1975; suor Giuseppina Tonelli dal 1975 al 1981; suor Ida Maria Lumini dal 1981 al 1987, e suor Maria Agostina Ragazzini.

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